Le criptovalute hanno come uno dei loro elementi più riconoscibili il loro decentramento, cioè, non sono emesse o controllate da una Banca Centrale; tuttavia, negli ultimi tempi sempre più paesi hanno scelto di lanciare la propria criptovaluta, gestita da un governo o da una istituzione finanziaria del paese. L'esempio con maggiore ripercussione è stato quello del Petro venezuelano, che è sostenuto dalle riserve petrolifere di quel paese sudamericano, considerate le più grandi del mondo. Inoltre, almeno altre otto nazioni hanno mostrato interesse nel lancio delle prime offerte di criptovalute.
Questa decisione è una conseguenza del fatto che i paesi che hanno aderito a questa iniziativa sono soggetti a varie sanzioni economiche. Utilizzando le criptovalute, questi governi intendono facilitare lo scambio di valute, acquisire valute come il dollaro USA e l'Euro in modo meno complicato, nonché effettuare transazioni rapide e sicure. Inoltre, quando si ricorre alla criptovaluta, i governi cercano di poter utilizzare la criptovaluta come mezzo di pagamento per l'acquisto e la vendita di cibo, materie prime, materiali da costruzione, ecc.
Altri paesi pensano di lanciare la propria criptovaluta
In Venezuela, il Petro è già una realtà e un altro paese che sembra lavorare duramente per creare la sua criptovaluta è la Russia. Il presidente Vladimir Putin ha fatto capire che il suo governo stava preparando una criptodivisa basato sulla tecnologia Ethereum Blockchain, con cui unificare tutto le transazioni di beni e servizi di Eurasia, Africa e Sud America.
Stati Uniti ha deciso di rompere l'accordo nucleare con l'Iran e imporre nuovamente sanzioni al paese persiano, quindi è comprensibile che Teheran sta considerando di lanciare nei prossimi mesi, il loro criptoattivo nazionale. L'intenzione, dice il governo, è di facilitare il trasferimento di denaro e, soprattutto, di evitare le sanzioni del presidente Donald Trump.
Le iniziative nazionali di criptovaluta si estendono ai paesi più sviluppati del mondo, come la Svezia. Lì la Banca centrale lavora per creare l'e-krona, che è stata percepita come una possibile alternativa alla diminuzione del numero di monete e banconote in circolazione in quella nazione. La Banca ritiene che il suo criptoattivo debba essere equivalente alla valuta del paese, ma che debba essere utilizzato per effettuare piccole transazioni tra consumatori, imprese e autorità. Un elemento importante del progetto svedese è che, siccome questo paese non fa parte della zona euro, le sue iniziative finanziarie non entrano in conflitto con le linee guida della Banca centrale europea la quale ha già specificato che non permetterà che gli Stati della zona euro emettano la loro criptomoneta.
Un altro paese altamente sviluppato che pensa a un criptoattivo nazionale è la Svizzera, dove è già allo studio la possibilità di lanciare una criptovaluta chiamata e-franc o cripto-franco. Israele ha anche preso in considerazione la possibilità di emettere una criptovaluta locale che abbia lo stesso valore della sua moneta corrente, lo shekel. Le più piccole giurisdizioni credono nell'utilità di una criptovaluta propria. Questo è il caso delle Isole Marshall che emetteranno una criptovaluta, approvata dal Parlamento, sotto il nome di "Sovrano".
Un gigante che potrebbe essere lanciato nella corsa alle criptovalute è la Cina; perché anche se il governo ha mostrato il suo disaccordo con l'uso di criptodivisas e le offerte iniziali di criptomonete (ICO, per il suo acronimo in inglese),il Banco Popolare del paese più popoloso del mondo sta lavorando sulla creazione di un criptovaluta propria, basata su un modello ibrido che combina le caratteristiche principali di un criptoattivo con il Yuan.
L'elenco dei paesi che hanno mostrato interesse nelle criptomonete stato è ancora più lungo e comprende il Giappone, con la sua proposta di J-Coin, progettato per sostituire nel prossimo futuro, il crescente uso del contante; Inoltre, nell’elenco compaiono il Kazakistan, che valuta emettere il Cryptotenge e la Cambogia, dove si è parlato di lanciare l'Entapay, con un modello simile a quello del Venezuela e della Russia, progettato per eludere le sanzioni economiche.
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