Il Rial iraniano ha segnato un nuovo minimo contro il dollaro lunedì, toccando la quotazione di 44230 rials per 1 dollaro. In queste ore però vi è stato un repentino recupero del 4.8% (siamo a 42105 rials per 1 USD) e sul grafico settimanale si vede una struttura rialzista chiusa sui recenti massimi, con la resistenza dinamica transitante in area 44000 circa, ed una formazione a cuneo (v.grafico) che si attiverebbe con chiusure settimanali inferiori a 36000. Il braccio di ferro in corso tra USA ed Iran è ad una svolta, almeno questo ci dice il grafico. Durante il crollo del valore del Rial iraniano (-268% dai 12000 del 2014), molti iraniani hanno cercato di investire in bitcoin (nell'ultimo anno e mezzo) ed in altri asset decentralizzati (es: l'oro) per aggirare le sanzioni economiche statunitensi.
LocalBitcoins, un servizio che consente alle persone di diversi Paesi di utilizzare moneta fiat (in questo caso il Rial) per acquistare bitcoin direttamente dai possessori di BTC, ha visto crescere il volume degli scambi in Iran esponenzialmente tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018.
Un iraniano intervistato alla CCN ha dichiarato che sta acquistando bitcoin mensilmente come misura protettiva contro le sanzioni statunitensi: "Ho iniziato ad acquistare bitcoin, e anche ethereum, pensando che [la] Banca Centrale iraniana non sarà in grado di risolvere la difficile situazione economica", ha detto a CCN. "Avevo letto molti rapporti su cittadini cinesi e venezuelani che hanno fatto la stessa operazione in occasione delle crisi economiche e delle svalutazioni delle loro valute nazionali".
È un ambiente economico difficile da affrontare. Gli iraniani sono attualmente coinvolti in una svalutazione della valuta nazionale e strette restrizioni governative sulle transazioni in valuta estera. Le autorità governative hanno anche iniziato a sanzionare coloro che acquistano monete d'oro sul mercato nero nel tentativo di aggirare le restrizioni.
Come abbiamo già visto con l'enorme perdita del potere d’acquisto in atto in Venezuela, le economie disastrate e le valute svalutate spingono la popolazione a cercare depositi di valore alternativi. Ecco perché gli iraniani stanno comprando anche bitcoin. È uno dei pochi modi in cui possono aggrapparsi alla speranza di non perdere la loro ricchezza. I Paesi con alta inflazione, grande debito e problemi finanziari tendono a diventare punti di aggregazione crypto.
Quasi ovunque ove c'è una mancanza di fiducia nelle Banche Centrali e nei Governi, c'è una fiorente comunità cripto. Ora il fenomeno si è diffuso in tutto il mondo, alimentato anche dalla sete di nuove tecnologie e dalla sfiducia nei confronti dell'establishment politico e del sistema monetario.
Difficile immaginare cosa stiano vivendo attualmente gli iraniani (o i venezuelani o gli argentini) in questo momento. Le economie in declino sono estremamente difficili da vivere (e sopravvivere): immagina come sarebbe se tutte le tue ricchezze e il potere di spesa sparissero dall'oggi al domani.
Il percorso delle Cryptovalute in Iran sarà probabilmente accidentato. Il Governo iraniano è stato tendenzialmente contrario all’adozione delle criptovalute, almeno sino ad’ora. A febbraio, la Banca Centrale iraniana ha infatti dichiarato di non aver mai riconosciuto il bitcoin o qualsiasi altra criptovaluta come valuta ufficiale. Ad aprile, sempre la medesima la Banca Centrale ha vietato l’uso del bitcoin e delle altre valute digitali (adducendo problemi di riciclaggio di denaro).
Nonostante la sua ostilità verso le criptovalute, l'Iran ha recentemente confermato che proseguirà con i piani per creare una criptovaluta pubblica che funzionerà come moneta nazionale ed un token di utilizzo internazionale da usare per il commercio estero. È importante notare come con questa criptovaluta si aggireranno anche le sanzioni statunitensi.
Abbiamo già visto uno scenario simile svolgersi in Venezuela all'inizio di quest'anno, quando il Paese sudamericano ha lanciato la propria cryptomoneta, il "petro", sostenuta dallo Stato (che inizierà a circolare a fine agosto). Il Venezuela ha visto una vasta opposizione all’introduzione del petro, ed è assai probabile che anche in Iran si assisterà ad un processo simile.
Ma se l'Iran dovesse proseguire con il suo piano di criptovaluta statale, offrirà quantomeno un segnale che il Paese sta prendendo sul serio la tecnologia blockchain (oppure il Paese è davvero disperato). Dato il suo attuale stato economico, è il minimo che possa fare.
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